Di fronte alla mia scrivania ho delle finestre molto esperte.
Se mi appoggio al vetro e lo guardo riesco a vedere il paesaggio che si estende dall’altra parte. Quarantotto pescatori hanno gettato la loro esca. Devono essere parecchio fortunati, perché tutti e quarantotto hanno raccolto contemporaneamente un grosso luccio argentato. Il fiume dal quale stanno pescando è di un bell’azzurro intenso. Si riescono a intravedere, tra le leggere increspature dell’acqua, alcuni pesci dalle scaglie rossicce. Sulla riva a sinistra c’è un breve argine erboso. Un cartello sulla sua sommità indica il nome della cittadina (è scritto in piccolo, non riesco a leggerlo) che si trova poco più in fondo, un villaggio ricco di abitazioni variopinte (sembra quasi Burano). Risalendo con lo sguardo lungo il corso del fiume arrivo fino allo zampillo da cui ha origine il torrente, il quale si trova esattamente all’ingresso del paese. Un vecchio lupo di mare, aggrappato all’albero maestro della sua imbarcazione, osserva un panda rosso correre per i prati. Una colombella bianca svolazza nel cielo. Osservo gli edifici del centro abitato. Nulla sembra mancare a questo paese, la vita sembra trascorrere serena e pacifica. Riconosco la sede municipale e quella delle poste, il cinema e il negozio di dischi, la scuola e… Un momento. Cosa sta succedendo? Due eserciti, uno di cavalieri medievali, l’altro composto da cyborg e androidi, si stanno scontrando; sono già divampati degli incendi, di cui uno presso la libreria locale. Inestimabili codici stanno andando a fuoco. La colombella bianca si è posata su un cornicione. Un corpo scelto di spazzini intanto, provvisto di paletta e ramazza, raccoglie la cenere e la getta nel cestino, incurante che gli scontri non accennino a placarsi. Dalla cima di una torre un artista ritrae il terribile, ma allo stesso tempo sublime, spettacolo che la battaglia ha provocato in un animo romantico come il suo. Scollego la visione da ciò che sta succedendo. Decido di uscire da casa per informarmi meglio. Chiudo le finestre. Punto, punto e virgola. Punto e un punto e virgola. - Antonio de Curtis Credo che, per uno scrittore, la parte di un'opera più difficile da realizzare sia il finale. Eccallà! Lo so, è una banalità ciò che ho appena scritto, ma io non mi riferisco tanto alla conclusione, quella abbiamo tutti, più o meno in mente, come deve avvenire. No, io mi riferisco più al congedo, le ultime due tre (ma anche più) righe che dovrebbero rafforzare il Punto finale. L'incipit fuoriesce come rapido come acqua sorgiva, la trama scivola come olio, ma la conclusione può far penare terribilmente. Non tutti gli autori sanno terminare ottimamente e non tutti sanno ripetersi. Venerdì notte ho terminato di leggere Il Maledetto United di David Peace, libro biografico incentrato sui quarantaquattro giorni di lavoro di Brian Clough alla guida del Leeds Unites. Brian Clough, animale da palcoscenico già di per sé (fin dai tempi del Derby County venne aspramente criticato dalla proprietà del club per le sue ospitate radio e televisive, spesso condite da esternazioni pungenti, battute al vetriolo e sbuffonaggini da curva sud - un antesignano di Mourinho, è uno di quei personaggi ideali per trarne un racconto: bomber da oltre 200 gol che vede la sua carriera troncarsi a causa di un grave infortunio, gavetta difficile nelle serie inferiori, fino alla cavalcata maestosa alla guida del Derby che, da piccola provinciale quale è, porta a vincere il campionato e a raggiungere la semifinale dell'allora Coppa dei Campioni (sob!). Il finale - prevedibile, è una storia vera - mi ha ricordato molto quello dell'Opera Magna del Genio Pinketts (Il senso della frase, Andrea G. Pinketts), libro completamente diverso ma dagli interessanti paralleli. Se il protagonista del primo trova soddisfazione nel tracollo, il secondo trova una vittoria dal retrogusto amaro. Bando alle ciance, ora ve li faccio leggere: Sull'autostrada, le loro dita e i loro pugni, i loro bastoni e le loro pietre, che diventano sempre più piccoli; John è al volante della mia nuova Mercedes blu, Bill che apre un'altra bottiglia di champagne. Ma il sole non splende, cade solo la pioggia; il cielo blu è nero, i gialli tutti viola, e io sono sdraiato dietro con i piedi sul sedile e il loro assegno da 25000 sterline in mano. Non credo in Dio. Non credo nella fortuna. Credo nel calcio. "Ho appena vinto al totocalcio" grido. "Al merdoso Totocalcio!" Credo nella famiglia e credo in me; Brian Howard Clough. È giovedì 12 settembre 1974, e vorrei che foste qui. Ulli protestò.
— Ma... mi saluti così? Non mi dici niente di carino... una frase... — Ti accontenti di questo?... Una frase... — Sì, ti prego, — rispose Ulli cucciola. — Una frase, se ti basta una frase potrei... — Silenzio. — E allora Lazzaro? Non mi veniva nessuna frase. Non so sciare, non so giocare a tennis, nuoto così così, ma ho il “senso della frase”. Solo che ora le frasi non avevano, non hanno, più senso.
E' bello leggere le persone. Questo blog nasce da un'idea... Una? No due... Due? Hai ragione, nasce da molte più idee, almeno OTTO.
Otto è il numero della perfezione, dell'equilibrio. È difficile continua a leggere! Postmoderno non si scrive tutto attaccato?
Sì, è corretto, ma non per quanto riguarda questo luogo. Vorrei raccontare il mondo che mi circonda, dando una visuale caotica continua a leggere! |
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