Comunicare, connettersi, vivere - Telecom Italia
Stanza grigia. Pareti lucide. Tinte opache.
Nessuna porta, nessuna finestra, nessuna lampadina.
Solo una tenue luce pallida a rischiarare la stanza. Solo un tavolino laccato davanti a sé. Un tavolino rotondo, ceruleo, con una gamba sola. Un tavolino con sopra un telefono vintage, color topo, disco giallognolo.
Solo un tavolino e un’ombra.
Un uomo rinchiuso dentro la stanza. Tiranti di materiale plastico bloccano le caviglie e i polsi; gli arti sono tesi verso il pavimento e il soffitto. La vittima tenta di divincolarsi con rapidi scatti, i legacci la tengono immobile provocandogli tagli e ferite lancinanti.
Muggisce, vorrebbe urlare, un morso le blocca le mascelle, non le riesce né di sputare né di inghiottire saliva.
Si trova in quella posizione da circa otto ore senza esserne a conoscenza. Gli sono stati levati tutti gli oggetti in suo possesso, indossa unicamente una corta tunica azzurra; gli è stata messa mentre stava dormendo.
Un codice QR è stato tatuato sul suo avambraccio.
Sta alzando le sopracciglia. Forse ha intuito che la sua unica salvezza può appartenere a quell’apparecchio sopra il tavolino.
È ormai stanco, stremato, abbattuto. Cerca di sfilarsi dai blocchi agitando le braccia, poi si ferma, raccoglie le energie per qualche secondo, ritenta una nuovamente. Infine abbassa la testa come svenuto. Un rivolo giallo gli scende lungo le cosce.
Ha assoluto bisogno di raggiungere quel telefono, quell’S62 avrebbe potuto salvargli la vita, pensava, ma raggiungerlo gli sarebbe stato impossibile.
Ormai ha staccato gli occhi dall’apparecchio, fissa sconfitto il pavimento.
Una luce nei suoi occhi. Un accenno di trillo?